Il giornalismo italiano del '700
Nella prima metà del secolo XVIII, in Italia, anche se con un po' di ritardo rispetto agli altri paesi d'Europa, l'attività editoriale e giornalistica fa grandi passi. Naturalmente vi sono notevoli differenze tra gli Stati, come Lombardia e Toscana, retti da sovrani che hanno iniziato una politica illuminata e ridotto il potere della censura ecclesiastica, e gli altri Stati, governati da monarchie assolute, come Torino, Roma e Napoli, nei quali le restrizioni sono in aumento e le concessioni per l'uscita di nuovi giornali sono ridotte al minimo.
Nella seconda metà del secolo, i grandi avvenimenti storici quali la rivoluzione francese, l'ascesa al potere di Napoleone e infine la Restaurazione, danno luogo, negli Stati della Penisola, ad un alternarsi di situazioni contraddittorie: da un lato maggiore libertà di stampa ma, nello stesso tempo, anche restrizioni e censure più severe da parte dei governi. Tra i giornali più diffusi vanno ricordati "Notizie del mondo" e la "Gazzetta universale" entrambi pubblicati a Firenze, la "Frusta letteraria" a Torino, il famoso "Caffè", fondato a Milano da Pietro e Alessandro Verri, e al quale collabora Cesare Beccaria. Ma accanto a questi periodici "letterari" vanno ricordati i giornali politici come "Il monitore italiano" e "Il censore" ai quali collaborano Vincenzo Monti, Melchiorre Gioia e Ugo Foscolo, il "Monitore cisalpino" e "Il giornale italiano" fondato e diretto da Vincenzo Cuoco.
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Theorèin - Ottobre 2004